L’INDENNITÀ SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO
L’istituto del preavviso è quello strumento mediante il quale il legislatore ha inteso modulare gli effetti della risoluzione del rapporto di lavoro. La gestione della modalità temporale di esercizio del recesso prevede il differimento del momento dell’effetto estintivo del rapporto di lavoro, con l’intenzione di evitare gli effetti pregiudizievoli che altrimenti ricadrebbero sulle parti in caso di cessazione immediata.
La norma di riferimento è l’art. 2118 c.c. che fissa il principio della necessità di concessione del periodo di preavviso per la parte che recede dal rapporto di lavoro, prevedendo al secondo comma il diritto alla indennità alternativa in caso di mancato riconoscimento. Nonostante l’apparente semplicità della norma che lo prevede, l’applicazione concreta della stessa e la gestione del periodo di preavviso ha dato luogo nel tempo a non poche criticità, nella maggior parte dei casi incentrate sulla individuazione della corretta qualificazione della natura del preavviso e dell’efficacia alla previsione dell’art. 2118 c.c., se cioè al diritto al preavviso dovesse essere riconosciuta efficacia reale o obbligatoria.
La necessità del preavviso deriva dall’art. 2118 cod. civ. per effetto del quale si può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dalla contrattazione collettiva, dagli usi o secondo equità. Mancando il preavviso, chi recede deve all’altra parte una indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. Per effetto dell’art. 98 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, in mancanza di norme contrattuali o di usi più favorevoli, la durata del periodo di preavviso si determina, per quanto attiene agli impiegati, ricorrendo all’art. 10 del R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, convertito in legge 18 marzo 1926, n. 562. Le misure indicate non sono inderogabili, ma possono essere stabilite “in misura più larga” (non in misura inferiore) da altre fonti normative; le misure stesse riguardano unicamente il recesso da parte del datore di lavoro, quindi, possono essere inferiori in caso di dimissioni.
L’istituto del preavviso nasce nell’interesse della parte che subisce il recesso: attraverso il preavviso il lavoratore dispone di un certo tempo, coperto comunque da retribuzione, per la ricerca di una nuova occupazione ed il datore di lavoro dispone di un certo tempo per sostituire adeguatamente il lavoratore (Cass. 3 aprile 1980, n. 2188).
Pertanto quando il datore di lavoro intima al dipendente la volontà di concludere immediatamente il rapporto di lavoro, dovrà corrispondere allo stesso l’indennità sostitutiva del preavviso, salvo accordi diversi intercorsi tra le parti.
Generalmente, dunque, il legislatore lascia un certo margine di libera determinazione alla scelta delle parti tra continuare a lavorare durante il periodo di preavviso o percepire la relativa indennità. Tuttavia, vi sono determinate ipotesi in cui il datore di lavoro è obbligato a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso.
Si tratta delle seguenti ipotesi:
- Morte del lavoratore
In caso di morte del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere l’indennità ai familiari del de cuius.
- Dimissioni del lavoratore per giusta causa
Se il dipendente rassegna le dimissioni per giusta causa, non deve prestare il periodo di preavviso e avrà diritto a percepire la relativa indennità sostitutiva.
- Dimissioni genitori nel periodo protetto
I genitori che rassegnano le dimissioni nel cosiddetto periodo protetto hanno diritto all’indennità sostitutiva del preavviso anche nel caso in cui abbiano trovato un nuovo impiego (indipendentemente dalla presenza di una giusta causa). Tale regime si applica alla madre che presenta le dimissioni durante il periodo che decorre dall’inizio della gravidanza fino al compimento del 1° anno di età del bambino; al padre lavoratore si applica invece se fruisce del congedo per paternità e si dimette durante il periodo di congedo o entro un anno di età del bambino.
- Dimissioni nel periodo protetto per matrimonio
L’indennità spetta anche alla lavoratrice che rassegna le dimissioni nel periodo intercorrente tra la richiesta delle pubblicazioni del matrimonio e l’anno successivo alla celebrazione dello stesso.
MANCATA PRESTAZIONE NEL PERIODO DI PREAVVISO
Quando il dipendente intende rassegnare le proprie dimissioni con effetto immediato, quindi senza prestare attività lavorativa nel periodo di preavviso, potrà vedersi trattenere dalle proprie spettanze finali l’indennità di mancato preavviso, generalmente di un importo pari alla retribuzione che sarebbe stata corrisposta in caso di prosecuzione della prestazione lavorativa.
TERMINI E DURATA DEL PREAVVISO
Come detto la durata del preavviso è fissata dai contratti collettivi di lavoro (salva l’osservanza dei limiti minimi stabiliti dal R.D.L. n. 1825/1924 per gli impiegati), generalmente in relazione a categoria, qualifica e livello di appartenenza e in funzione dell’anzianità del lavoratore e, talvolta, a seconda che si tratti di licenziamento o di dimissioni.
Nel differente ambito di ciascun C.C.N.L., quindi, in genere quanto più alto è il livello e più lunga l’anzianità, tanto maggiore è la durata del preavviso.
Il preavviso decorre dal momento in cui è conosciuto dall’altra parte e si considerano tutti i giorni del calendario, non solo quelli lavorativi, salvo diverso previsione dell’accordo individuale o collettivo.
La decorrenza del preavviso è interrotta al sopraggiungere dei seguenti eventi:
- malattia;
- maternità:
- infortunio;
- ferie;
Il periodo di preavviso non può coincidere con le ferie, mentre possono essere regolarmente fruite le ore di permesso maturate. Alcuni contratti collettivi, infine, prevedono espressamente che durante il compimento del periodo di preavviso l’azienda concederà al lavoratore dei permessi per la ricerca di una nuova occupazione.
CALCOLO DELL’INDENNITÀ SOSTITUTIVA DEL PREAVVISO
“Il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del TFR in quanto, essendo mancato l’effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso […] posto che il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale1 bensì obbligatoria2”.
Così esordisce la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n.1581 del 19.01.2023, per poi sancire:
“Il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale, bensì obbligatoria, e dunque qualora una delle parti receda con effetto immediato il rapporto si risolve e residua l’unico obbligo della parte recedete di corrispondere l’indennità sostitutiva” precisando quindi che “Il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del TFR in quanto, essendo mancato l’effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso”.
Pertanto, secondo quanto statuito dalla Corte di Cassazione, per effetto della natura obbligatoria connessa all’Istituto del preavviso, al dipendente spetta solo l’indennità sostitutiva del preavviso escludendo la relativa incidenza sugli altri istituti contrattuali quali mensilità aggiuntive, ferie e TFR.
Conseguentemente, come correttamente osservato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, non può ritenersi alcuna natura reale nel diritto al preavviso e, dunque, nessuna malintesa prosecuzione del rapporto di lavoro quando la prestazione non è effettiva e reale.
Studio Vinaccioli
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